venerdì 12 luglio 2013

La Lentezza del ThinkingFood

"La cucina è diventata arte grazie a una continua elaborazione, alla mescolanza di passato e futuro, qui e altrove, crudo e cotto, salato e dolce, e può continuare a vivere solo liberandosi dall'ossessione di chi non vuole morie."
M. Barbery, Estasi culinarie



Il cibo appartiene alla nostra vita quasi fosse un postulato del nostro abitare quel tempo che chiamiamo esistenza. 
Materia prima che ci nutre, ci appassiona, ci consola. 
Un tavolo imbandito è un patrimonio comune alla memoria di ognuno insieme ai sorrisi o alle parole a volte appuntite come lame, che in silenzio quello stesso tavolo conserverà per il resto dei suoi giorni. 
Rito del quotidiano, diritto/dovere fisiologico, divertissement sociale, il cibo e i gesti della composizione culinaria sono diventati ormai soggetto di una vera e propria overdose mediatica.
Tutti mastichiamo le parole dell'alta cucina e dell'elevata arte del degustare. Ognuno ha assaggiato il piacere sottile di stringere tra le dita il calice forbito di sostantivi e verbi lussureggianti e, appoggiandolo alle labbra, lo ha poi pasteggiato con lentezza destando la cortese invidia degli altri commensali.
Da abitudine domestica sottovalutata e screditata, la cucina è dunque diventato uno vero e proprio status sociale di primo ordine, recuperando così la sua originaria significazione di luogo di arte e di cura.
Ogni arte pretende tempo. Ogni opera nasce dall'unione sublime della materia e con l'immagine della sua metamorfosi. Ogni parola è muta senza il cesello di un lento pensiero.
La grande cucina, afferma la Barbery, ha bisogno di erosione ed oblio, perchè anche il calice più invidiato può sempre scheggiarsi se poggiato su una bocca troppo piena.
La radice del mondo del Food è la lentezza delle dita che sfiorano la materia della quotidianità per trasformarla nell'immagine dell'attimo e della sua infinitezza.
Buona lentezza, da ThinkerFood




 
 

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