lunedì 14 gennaio 2013

COTTO E PENSATO: QUANDO LA LINGUA BATTE DOVE IL DENTE PENSA

Un filosofo che parla di cibo? 

La candida peferzione dell'iperuranio del pensiero filosofico può davvero mescolarsi all'attività materiale per eccelenza, ossia quella del del comune cibarsi, attività certamente umana ma così comune e così tanto sensoriale da apparire, agli occhi benpensanti e intellettualmente esperti, quasi come una terribile profanatrice delle razionali virtù?
Quanta volgare e istintiva voracità vedranno questi occhi nel diffuso e quasi dilagante interesse dei media cartacei e non per il mondo eno-gastronomico come se sotto la pelle, nel tatto, nell'olfatto,  nel gusto come nella vista non  potesse celarsi  davvero un silente pensare.   



Eppure è proprio nella storia dell'uomo
 che il nutrimento si trasforma in cibo,
la materia informe in opera di ingegno.

Il passaggio dal crudo al cotto è paragonabile alla trasformazione dei suoni in parole e delle parole in discorsi.  Il cuocere è atto filosofico tanto quanto il dialogare dialettico. Nel cuocere l'uomo trasforma l'informe molteplice in  una razionale unità e lo può fare perchè di esso intuisce il senso e il sapore ancor prima che esso sia visibile. E come ogni discorso e dialogo anche l'opera culinaria è un logos. Essa infatti è impresa sociale e conviviale. Il cotto è un pensato. Il cotto è la parola che condividiamo con i commensali che noi stessi scegliamo e ai quali mostriamo il nostro gusto, la nostra vera natura celata in ogni ingrediente e rivelata da ogni singolo aromatico accostamento. Il gustare non è altro che un pensare capace di sentire e un percepire capace di immaginare. 

Un filosofo che parla di cibo?
 
 Un folle la cui lingua batte dove il dente pensa.
BUON THINKINGFOOD


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